Oggi penso talvolta che il vicino dell’Elefante poteva essere il futuro ufficiale della Gestapo che lo avrebbe torturato durante gli interrogatori. L’Elefante non era fatto per stare in prigione perché membro di una qualche organizzazione clandestina, non era fatto per sopportare la slogatura delle articolazioni e gli schiaffi né poi, con le gambe rotte dopo un tentativo di fuga nel suicidio, per capire con sollievo, in un resto di consapevolezza, che il suo povero corpo stava morendo. Ma il gioviale Elefante era nato per vivere in armonia e pace, tra gli scherzi bonari e le chiacchierate con gli amici davanti a un bicchiere di vino. Era liberale, scettico e restio alle tentazioni dell’eroismo. A mio parere, la sua morte e quella dei suoi simili grava sui Wandervögel nostri coetanei assai di più della morte di molti giovani fanatici.

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